Gli avvocati difensori di Julian Assange hanno depositato all’Alta Corte di Londra l’annunciata istanza di ultimo appello contro il decreto di estradizione negli Usa dell’artefice di WikiLeaks emesso a metà giugno dalla ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, a suggello del via libera già concesso dalla giustizia del Regno Unito. Lo riporta la Bbc.
L’istanza non riguarda il merito, ma questioni procedurali: e in base al sistema giudiziario d’Oltre Manica deve superare un giudizio preliminare di ammissibilità dei giudici prima d’essere eventualmente discusso poi in concreto. La formalizzazione della richiesta – preannunciata dalla difesa e dai sostenitori del fondatore australiano di WikiLeaks fin dal giorno della firma del decreto – precede questa decisione preliminare, attesa nei prossimi giorni.
Se la domanda di discussione del ricorso fosse accettata, Assange – che resta recluso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, alle porta di Londra, dove domenica compirà 51 anni – potrà giocarsi questa carta estrema presso i vari gradi di giudizio britannico fino eventualmente alla Corte Suprema. Altrimenti potrebbe tentare di rivolgersi subito alla Corte Europea di Strasburgo per i Diritti dell’Uomo; ma a quel punto l’ordine di estradizione diverrebbe esecutivo.
L’attivista, editore e giornalista australiano rischia sulla carta una pena monstre fino a 175 anni di galera negli Usa, dove è inseguito da anni per aver contribuito alla pubblicazione di montagne di documenti riservati imbarazzanti, inclusi file del Pentagono relativi a crimini di guerra commessi in Iraq e in Afghanistan.
I suoi sostenitori, affiancati da organismi dell’Onu, associazioni per la tutela della libertà d’informazione e organizzazioni umanitarie come Amnesty International, denunciano l’inchiesta di Washington contro di lui alla stregua di una persecuzione politica e di una minaccia al giornalismo d’inchiesta; mentre chiedono da tempo invano al Regno Unito di rilasciarlo e fermare l’iter dell’estradizione. (Ansa)