Con il ritiro dell’ordine del giorno per chiedere al Parlamento di cancellare il reato di diffamazione a mezzo stampa, il consiglio regionale della Puglia ha perso un’occasione. Le divisioni all’interno dell’assemblea regionale dimostrano quanto ancora forte sia la voglia di buona parte della classe politica, la stessa che alcuni giorni fa è scesa in piazza per manifestare per la libertà di espressione facendo proprio lo slogan #jesuischarlie, di mettere il bavaglio alla stampa, attraverso leggi punitive.
Non v’è alcun dubbio, infatti, che la proposta di legge attualmente in discussione in Parlamento sia un tentativo di rendere più difficile l’esercizio del diritto-dovere di informare i cittadini. Dietro la facciata della cancellazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, retaggio del Ventennio fascista, si punta infatti a introdurre pesanti limitazioni al diritto di cronaca, incentivando di fatto le richieste di risarcimento temerarie e trasformando il diritto di rettifica in una sorta di gogna mediatica. Il tutto, ovviamente, al solo fine d’intimidire i giornalisti e renderli più docili, soprattutto di fronte a notizie sgradite al mondo politico.
Evidentemente i consiglieri regionali della Puglia, al pari della quasi totalità dei loro colleghi parlamentari, non hanno letto il Rapporto Onu sulla libertà di stampa in Italia. Se lo facessero (non è mai troppo tardi) si renderebbero conto che l’Italia occupa soltanto il 49esimo posto nel mondo per la libertà di stampa e che i bavagli che sognano di introdurre, oltre a essere in contrasto con la Convenzione europea, farebbero scivolare il nostro Paese ancora più in basso.