Desta non poche perplessità apprendere che, insieme con l’ex procuratore di Bari, Antonio Laudati, il gup del tribunale di Lecce ha rinviato a giudizio anche i giornalisti che si occuparono della vicenda, contestando loro il reato di diffamazione a mezzo stampa. Dalla lettura del provvedimento appare chiaro che l’unica colpa dei colleghi Massimiliano Scagliarini, Mara Chiarelli e Nazareno Dinoi, della Gazzetta del Mezzogiorno, Repubblica e Corriere del Mezzogiorno, é quella di aver pubblicato il contenuto degli atti su cui si basava il giudizio, peraltro non coperti da segreto istruttorio. In questo modo, é come se il gup sostenesse che la notizia di reato in cui lei stessa ha ravvisato possibili profili di colpevolezza a carico dell’ex procuratore di Bari potrebbe avere avere anche un contenuto diffamatorio. Delle due l’una. Non si capisce, infatti, come le due ipotesi accusatorie – quelle a carico del dottor Laudati e quelle a carico dei giornalisti – possano stare in piedi contemporaneamente. A meno che, nel disporre il rinvio a giudizio, il gup di Lecce non abbia inteso contestare la pubblicazione del contenuto di atti di indagine. Nell’esprimere solidarietà ai colleghi rinviati a giudizio, il sindacato dei giornalisti pugliesi, pur non entrando nel merito della vicenda, non può non ricordare che é dovere dei giornalisti pubblicare le notizie, anche quelle coperte da segreto istruttorio, perchè esiste il diritto insopprimibile dei cittadini a essere informati. A nessuno – neanche all’autorità giudiziaria – é consentito anche solo tentare di comprimere il diritto di cronaca.